venerdì 31 maggio 2013

rassegna stampa STELLE DANZANTI


RASSEGNA STAMPA     STELLE DANZANTI  storie di donne ai margini

 "Stelle danzanti - storie di donne ai margini” parla di donne in Italia, di quelle ai margini della società. Sono margini circondati da sbarre, mura e filo spinato: le carceri. Con le loro celle di isolamento, le luci sempre accese, l'intolleranza, il sovraffollamento. E siccome il popolo delle carceri non è composto da sole detenute, il racconto di Chiara Tomarelli si apre alle carceriere e alle figlie e i figli delle detenute che fino al compimento dei tre anni restano vicino alle madri.
Chiara Tomarelli pensa al teatro come mezzo e luogo di unione civile e sociale dove, senza censura, la memoria diventa riflessione per una crescita collettiva che passi attraverso la conoscenza. Per questo popone un tema che, è sempre d'attualità, proprio perché è sempre messo ai margini dell'interesse collettivo che si ridesta solo quando il disagio esplode, quando una morte immotivata e ingiustificabile balza agli onori della cronaca.
Bruna Monaco

È la rielaborazione scenica a rendere le sue “Stelle danzanti” un esempio di teatro civile molto ben curato drammaturgicamente. Piace ad esempio l’idea di dare voce direttamente alle detenute nei panni delle quali la monologante si mette nel vero senso della parola: cambia giacca per ogni donna – la prostituta dell’est, la veneta, la siciliana – all’interno di una scenografia scarna come una cella. Di ognuna riproduce non solo i pensieri, ma anche la cadenza, il temperamento, dando una bella prova come attrice – mimetica, generosa, energica. Piace anche la scelta, che forse potremmo definire pasoliniana, di includere nel ventaglio di figure femminili che vivono nelle carceri anche quella della guardia penitenziaria, di colei che sta dall’altra parte rispetto alle detenute, ma sempre dentro come loro. In ultimo piace aver lasciato sullo sfondo i grandi temi che di solito accompagnano la riflessione sul femminile – la maternità in primis – che, pure presenti, non affollano i pensieri delle protagoniste. Esse parlano perlopiù dei loro spazi, tempi, della loro igiene, della loro vita, del loro rapporto con il luogo-istituzione carcere.
Manuela Sammarco   wwww.teatroteatro.it

Chiara Tomarelli ancora una volta ci porta nell’ombra con il suo studio “Stelle Danzanti”, storie di donne ai margini, un progetto sulle donne in carcere. E lo fa a suo modo, costruendo un racconto articolato tra i diversi personaggi e la mente lucida di chi ha studiato caparbiamente i problemi dei luoghi di reclusione.
Francesco Saverio Russomanno

In “Stelle danzanti” memoria, teatro e vita agiscono in contemporanea nutrendosi reciprocamente e manifestandosi attraverso il corpo dell'attrice che si pone quale reale centro attivo delle forze e delle tensioni che animano silenziose il vuoto della scena.
Le sue recluse non sono solo i simboli di una società che nasconde tutto ciò che è scomodo e difficile da gestire, sono donne che loro malgrado rappresentano la quintessenza delle emozioni e delle semplici gioie quotidiane attraverso la loro negazione, sono il desiderio manifesto di potersi sentire nuovamente identità autonome e libere ponendosi così quali elementi peculiari di un'assenza che permea tutti quanti noi.
Le parole della Tomarelli sgretolano le mura del carcere e, dalla concretezza del cemento, si elevano in volo attraverso il sogno e il desiderio di libertà.
Alessandra Capone

L’atto unico ideato e interpretato da Chiara Tomarelli ci fa entrare immediatamente in quel territorio altro, in quello spazio-tempo che convive con il nostro, ma di cui noi non abbiamo consapevolezza se non perché ci entriamo in modo forzato o perché una nostra ossessione ci precipita in quel tunnel dall’aria oppressiva.
Parole che ci aiutano a percorrere il corridoio verso la storia di donne che si trovano per svariati motivi in uno stato di reclusione; ci mettono davanti alla verità di un volto, al passato che ha generato il presente ma anche al triste stato della giustizia e della vita nelle carceri, alla corruzione, alla violenza che genera violenza, al non rispetto per l’altro.
Un atto unico da vedere, un testo-documentario coinvolgente e allo stesso tempo crudo, pulito e tagliente, di chi crede veramente nella possibilità dell’arte di essere anche veicolo e momento di riflessione e denuncia.
Laura Sales  saltinaria.it

La bravura dell’attrice riesce a far immergere il pubblico nelle storie narrate, ma in questo spettacolo la poesia dell’arte si unisce alla durezza della realtà. Ci si emoziona ai racconti per poi riemergere indignati da quello che succede effettivamente sotto i gli occhi di tutti. Una critica sorretta da dati certificati, rivolta alla gestione di questi luoghi, ai media broadcasting che attraverso un preciso lavoro di comunicazione incentivano l’indifferenza e la consapevolezza che luoghi edificati per insegnare la legalità siano diventati fuorilegge. Questa è la forza del teatro civile, vera perla della scena italiana: utilizzare l’arte come strumento di memoria e di conoscenza della nostra società.
Persinsala.it




rassegna stampa DONNA BOMBA e MADONNE DI BESLAN


RASSEGNA STAMPA  ‘DONNA BOMBA’ spettacolo di Chiara Tomarelli

Ci sono spettacoli, percorsi drammaturgici che riescono, in breve tempo, a tracciare un solco profondo nell’animo di chi ha la fortuna di assaporarli. Ci sono testi che riescono ad addentrarsi in mondi che ci sembrano distanti, ma che invece sono tremendamente vicini, raccontandoli con la forza della semplicità, riuscendo a scardinare, ad abbattere l’indifferenza che li avvolge.
Uno di questi lavori è senza dubbio Donna Bomba, una messa in scena che riesce, in circa cinquanta minuti, a sprigionare una tale carica espressiva che gli spettatori, presenti alla Galleria Toledo certamente non dimenticheranno facilmente.
                                                                                                                     Il Brigante- web

Scarno come il cuore della donna bomba, lo sfondo della pièce è lo scenario di un fantomatico attentato che racchiude in sé disastri reali (uno per tutti l’attentato della diciottenne Ayat al Ahras il 29 marzo 2002 davanti ad un supermercato di Gerusalemme). Cinquanta interminabili minuti di tragico racconto, dove una macchia nera e immobile nella folla immaginaria, aspetta di dare quel bacio mortifero ad un politico senza nome, mentre gli bisbiglia “scusa!” prima di portarlo con lei (e con gli altri) nell’oscurità dell’esplosione. Inquadrato in un’architettura narrativa dai diversi piani prospettici (l’emotività, la realtà e l’analisi), il progetto-spettacolo si avvale dell’intensa e disperata interpretazione di una Tomarelli in grandissima forma.
Margherita Coppola

L'interpretazione di Chiara Tomarelli (che firma anche la regia dello spettacolo) trasforma il corpo dell'interprete in un meccanismo. Attraverso movimenti precisi, nitidi eppure non privi di una certa grazia, si esprime la vita che resta ad una donna che sta per partorire una bomba senza poter vedere il pianto del proprio bimbo. E nei dodoci minuti e 36, il suo respiro fa tutt'uno con quello della massa informe su cui si scaglierà il frutto di un odio che non conosce. Il pubblico respira quasi in coro con questo soffio di morte.
Alla fine dello spettacolo non si sente il botto, ma l'energia sempre viva della Tomarelli riesce ad evocarne il rumore ad ogni istante. Uomini e donne in sala non possono far altro che ascoltarne l'incombenza da lontano. L'eco è ancor più rumoroso, perchè costringe a farsi domande che nessuno si pone. La donna bomba è esplosa, ma noi resteremo ad implodere sotto il peso schiacciante di convinzioni millenarie, ormai pervertite dalle derive ultime della società globale. Il tonfo è soprattutto nel cuore degli astanti. 
Campania su web


 Il testo di Ivana Sajko, 32 anni, una delle menti più fertili della nuova generazione di scrittrici e artiste croate, interpretato dalla bravissima Chiara Tomarelli, si costruisce tutto intorno a quei fatali dodici minuti e trentasei secondi che una giovane kamikaze ha davanti a sé prima di farsi scoppiare nel mezzo della folla. L'obiettivo è un non bene identificato politico che gira sotto scorta, «un signore vip benefattore e bastardo» i cui movimenti la donna destinata a farsi esplodere spia da tempo.       

La drammaturgia, netta, accurata, delle luci (la regia è firmata dalla stessa attrice e da Veronica Cruciani) è tutto quello che Chiara Tomarelli ha a disposizione per veicolare da dentro, senza nessuna incertezza sentimentale, la tragedia della donna bomba, disponendo sul tavolo anatomico di una scena di guerra - guerra sociale, religiosa, privata - la tragedia della sopraffazione e della violenza.
Katia ippaso , Liberazione

"Tornare a vedere uno spettacolo che ci ha emozionato, è sempre un rischio: e se la seconda volta non fosse come la prima? Ma questo spettacolo, a distanza di un anno e mezzo, offre ancora e ancora il proprio cuore che batte insieme a quello del personaggio, e il respiro sospeso in un'apnea intensa.
L'essenzialità della messa in scena non fa altro che lasciare lo spazio adatto ad un'attrice speciale.                                                                                           Sara Missaglia (pubblico)



E' diventato così raro uscire da una sala teatrale e sentire di aver partecipato a qualcosa che ti riguardava, spazzando via l'indifferenza...                                                  
                                                                           Serafino Murri (critico, regista e pubblico)

RASSEGNA STAMPA    ‘MADONNE DI BESLAN’
Madonne di Beslan è uno spettacolo completo, moderno, che commuove ma, immediatamente dopo, ricongiunge la vicenda umana con quella politica, evitando la catarsi aristotelica e ricollegandosi al più alto teatro civile . E’ una raffinatissima operazione artistica quella che Chiara Tomarelli e Ilenia Caleo ci presentano ma è una storia vera quella che ci raccontano, così che il loro spettacolo non suggerisce soluzioni consolatorie o punti di vista preconcetti ma si pone come lavoro di ricerca a tutto tondo.                                                                                          Valeria Sara Lo Bue
Lo spettacolo si apre a momenti di grande tragicità e amarezza, scuote le fondamenta del comune perbenismo inchiodando la politica alle sue responsabilità. 

Le due interpreti sono brave, sinceramente invischiate in questa materia incandescente.                                 Andrea Porcheddu
Chiara Tomarelli è un’artista teatrale. È attrice, regista, dramaturg. Il suo ultimo spettacolo “Madonne di Beslan” è un ottimo percorso da vedere per capire cosa è il teatro.I fatti di cronaca sono agghiaccianti e le due attrici riescono a rendere bene l’aria chiusa della palestra della scuola in cui gran parte degli ostaggi era stata ammassata: la vicinanza tra loro e il pubblico aiuta ad amplificare ogni azione fisica. Il “dentro” è sia fisico che spirituale, la solitudine che si respira qui è sintetizzata dalla frase “Beslan continua a impazzire in solitudine”. Il “fuori” è la giornalista, la comunicazione che ragiona sui fatti, è Anna Politkovskaja.                                                                            Francesco Saverio Russomano
Le due attrici, Chiara Tomarelli e Ilenia Caleo, di indubbia bravura e valore artistico, danno voce a tutti i rappresentati di questa tragedia. Le madri, le maestre, i giornalisti, il governo. Questa polifonia di voci restituisce la complessità del dramma e cerca di stimolare lo spettatore al senso critico.   Raccontato dalla penna della Politkovskaja , giornalista uccisa per l’obbiettività dei suoi articoli, lo spettacolo permetterà una riflessione dolorosa nella misura in cui si comprenderà che l’impossibile è una realtà storica fatta di sangue e vinti.                                           Mercuzio.online
Può il teatro essere veicolo efficace di denuncia sociale senza scadere nella retorica, senza essere travolto dalla tentazione di ricreare dalla realtà la drammaticità del verosimile? Come si riesce a raccontare l’assurda tragedia di uno scellerato attacco terroristico che falcia le vite di centinaia di bambini senza lasciarsi intrappolare dalle sirene ammaliatrici della ricerca di una catarsi scenica? Impresa complessa, gioco di funambolo. Chiara Tomarelli, con il suo “Madonne di Beslan è riuscita nell’intento di una narrazione lucida, ma non asettica; ricca di pathos e mai patetica.Il gioco di luci, la scena scarna, i costumi essenziali e, soprattutto, la maestria delle due attrici protagoniste dello spettacolo rievocano un mondo filtrato attraverso i canali di una stampa “economicamente schierata”. Un mondo lontano, fatto di geografie sconosciute, di popoli ignoti ai più, che mai fa notizia. E anche quando i bambini diventano vittime dei perversi intrecci di guerra e terrorismo, pure l’Occidente sonnacchioso ed egocentrico non si limita che a uno sguardo distratto verso quanto accade nei paesi dell’ex Urss.                                                                          Francesca Compagnino