sabato 29 ottobre 2011

STELLE DANZANTI


CARCERE

Mi allontano dalla vita
Sperimento il limite estremo
Oso percorrere dove altri si fermano.
Per disperazione forse
Per necessità
Per sfrontata arroganza
Per non morire di dolore
Per sopravvivere a me stessa.

Vengo catapultata all’Inferno
Me lo merito, mi direbbero tutti
Me lo merito
L’ho immaginato tante volte, quest’Inferno
Forse nella speranza di arrivarci
preparata, pronta
Ma la realtà stupisce sempre
Apparentemente non sembra pericolosa
E invece ti afferra con violenza e ti sputa in faccia
Tutta la sua devastazione, il suo terrore.

Vengo calata nelle fosse
Nelle segrete, nelle sotterranee
Nei fondi, nell’umido, nel buio
Nel silenzio, infinito
Rotto solo da sporadiche urla e
Lontani scalpiccii di pantegane

Percorro le pareti a occhi spenti
Per capire, se posso, se riesco
Dove mi trovo esattamente.
L’intonaco cede
Le pareti sono ruvide e bagnate
Due passi per tre passi
Tocco il soffitto con la mano
Ho freddo, ho sete

Resterò in quel luogo per
Tre giorni
Quanto basta a crepare
Il mio cervello
A marchiare il mio corpo
A spezzare il mio respiro
Da qui in avanti e oltre
Ma me lo merito, mi direbbero tutti
Me lo merito

Esiste un luogo dove l’uomo
Viene considerato una bestia
Dai suoi giudicanti?
L’orrore dell’errore
Si riversa completamente su di me
E mi annienta, mi accoltella, mi pervade
Mi blocca le viscere,
mi secca ciò che resta del sesso
e, sprofondata nelle tenebre della terra
posso solo augurarmi di non morire
e poter risorgere
un domani, nuovo.

Decido febbrilemente di percorrere il mio martirio
Ho sputato in faccia a Pilato
Ho rovesciato i templi dei farisei
Ho preso le mani dei derelitti
E le ho medicate
E in quel momento, sono inciampato
E anche io ho ucciso il tuo tepore
La tua innata tranquillità,
il tuo viziare di cibo e vino
i commensali, il tuo guardare sotto
le vesti delle ancelle
il tuo fornicare e farneticare,
l’ho disturbato
io.

Sconterò la mia passione
Nei luoghi bui del matririo
Nelle crepe della mia mente e
Nei dubbi della mia anima
Me lo merito, mi direbbero tutti
Me lo sono meritato
Mi dico io

Mi assolvo nel mio isolamento
dell’umano errare
che lontano ci ha portati
dove la pietà è sconosciuta
e la pena è il suo supplizio.
Nella mia carne, felice,
pagherò sette volte il delitto
di Caino,
Caino
il figlio stupido, il figlio ingrato
il figlio nato storto
il figlio inquieto, il figlio osceno.
Il figlio marcio da sopprimere.
Il figlio indegno di essere al mondo.