martedì 3 dicembre 2013
venerdì 31 maggio 2013
rassegna stampa STELLE DANZANTI
RASSEGNA STAMPA STELLE
DANZANTI storie di donne ai
margini
"Stelle danzanti - storie di donne ai margini” parla di
donne in Italia, di quelle ai margini della società. Sono margini circondati da
sbarre, mura e filo spinato: le carceri. Con le loro celle di isolamento, le
luci sempre accese, l'intolleranza, il sovraffollamento. E siccome il popolo
delle carceri non è composto da sole detenute, il racconto di Chiara Tomarelli
si apre alle carceriere e alle figlie e i figli delle detenute che fino al compimento
dei tre anni restano vicino alle madri.
Chiara Tomarelli pensa al teatro come mezzo e luogo
di unione civile e sociale dove, senza censura, la memoria diventa riflessione
per una crescita collettiva che passi attraverso la conoscenza. Per questo popone
un tema che, è sempre d'attualità, proprio perché è sempre messo ai margini
dell'interesse collettivo che si ridesta solo quando il disagio esplode, quando
una morte immotivata e ingiustificabile balza agli onori della cronaca.
Bruna Monaco
È la rielaborazione scenica a rendere le sue “Stelle
danzanti” un esempio di teatro civile molto ben curato drammaturgicamente.
Piace ad esempio l’idea di dare voce direttamente alle detenute nei panni delle
quali la monologante si mette nel vero senso della parola: cambia giacca per
ogni donna – la prostituta dell’est, la veneta, la siciliana – all’interno di
una scenografia scarna come una cella. Di ognuna riproduce non solo i pensieri,
ma anche la cadenza, il temperamento, dando una bella prova come attrice – mimetica,
generosa, energica. Piace anche la scelta, che forse potremmo definire
pasoliniana, di includere nel ventaglio di figure femminili che vivono nelle
carceri anche quella della guardia penitenziaria, di colei che sta dall’altra
parte rispetto alle detenute, ma sempre dentro come loro. In ultimo piace aver
lasciato sullo sfondo i grandi temi che di solito accompagnano la riflessione
sul femminile – la maternità in primis – che, pure presenti, non affollano i
pensieri delle protagoniste. Esse parlano perlopiù dei loro spazi, tempi, della
loro igiene, della loro vita, del loro rapporto con il luogo-istituzione
carcere.
Manuela
Sammarco
wwww.teatroteatro.it
Chiara Tomarelli ancora una volta ci porta nell’ombra con il
suo studio “Stelle Danzanti”, storie di donne ai margini, un progetto sulle
donne in carcere. E lo fa a suo modo, costruendo un racconto articolato tra i
diversi personaggi e la mente lucida di chi ha studiato caparbiamente i
problemi dei luoghi di reclusione.
Francesco Saverio Russomanno
In “Stelle danzanti” memoria, teatro e vita agiscono in
contemporanea nutrendosi reciprocamente e manifestandosi attraverso il corpo
dell'attrice che si pone quale reale centro attivo delle forze e delle tensioni
che animano silenziose il vuoto della scena.
Le sue recluse non sono solo i simboli di una società che
nasconde tutto ciò che è scomodo e difficile da gestire, sono donne che loro
malgrado rappresentano la quintessenza delle emozioni e delle semplici gioie
quotidiane attraverso la loro negazione, sono il desiderio manifesto di potersi
sentire nuovamente identità autonome e libere ponendosi così quali elementi
peculiari di un'assenza che permea tutti quanti noi.
Le parole della Tomarelli sgretolano le mura del carcere e,
dalla concretezza del cemento, si elevano in volo attraverso il sogno e il
desiderio di libertà.
Alessandra
Capone
L’atto unico ideato e interpretato da Chiara Tomarelli ci fa
entrare immediatamente in quel territorio altro, in quello spazio-tempo che
convive con il nostro, ma di cui noi non abbiamo consapevolezza se non perché
ci entriamo in modo forzato o perché una nostra ossessione ci precipita in quel
tunnel dall’aria oppressiva.
Parole che ci aiutano a percorrere il corridoio verso la
storia di donne che si trovano per svariati motivi in uno stato di reclusione;
ci mettono davanti alla verità di un volto, al passato che ha generato il
presente ma anche al triste stato della giustizia e della vita nelle carceri,
alla corruzione, alla violenza che genera violenza, al non rispetto per
l’altro.
Un atto unico da vedere, un testo-documentario coinvolgente
e allo stesso tempo crudo, pulito e tagliente, di chi crede veramente nella
possibilità dell’arte di essere anche veicolo e momento di riflessione e
denuncia.
Laura Sales
saltinaria.it
La bravura
dell’attrice riesce a far immergere il pubblico nelle storie narrate, ma in
questo spettacolo la poesia dell’arte si unisce alla durezza della realtà. Ci
si emoziona ai racconti per
poi riemergere indignati da quello che succede effettivamente sotto i gli occhi
di tutti. Una critica sorretta da dati certificati, rivolta alla gestione di
questi luoghi, ai media broadcasting
che attraverso un preciso lavoro di comunicazione incentivano l’indifferenza e
la consapevolezza che luoghi edificati per insegnare la legalità siano
diventati fuorilegge. Questa è la forza del teatro civile, vera perla della
scena italiana: utilizzare l’arte come strumento di memoria e di conoscenza
della nostra società.
Persinsala.it
rassegna stampa DONNA BOMBA e MADONNE DI BESLAN
RASSEGNA STAMPA ‘DONNA BOMBA’ spettacolo di Chiara Tomarelli
Ci sono spettacoli,
percorsi drammaturgici che riescono, in breve tempo, a tracciare un solco
profondo nell’animo di chi ha la fortuna di assaporarli. Ci sono testi che
riescono ad addentrarsi in mondi che ci sembrano distanti, ma che invece sono
tremendamente vicini, raccontandoli con la forza della semplicità, riuscendo a
scardinare, ad abbattere l’indifferenza che li avvolge.
Uno di questi lavori è senza dubbio Donna Bomba,
una messa in scena che riesce, in circa cinquanta minuti, a sprigionare una
tale carica espressiva che gli spettatori, presenti alla Galleria Toledo
certamente non dimenticheranno facilmente.
Il
Brigante- web
Scarno come il cuore della donna bomba, lo sfondo della pièce è lo
scenario di un fantomatico attentato che racchiude in sé disastri reali (uno
per tutti l’attentato della diciottenne Ayat al Ahras il 29 marzo 2002 davanti
ad un supermercato di Gerusalemme). Cinquanta interminabili minuti di tragico
racconto, dove una macchia nera e immobile nella folla immaginaria, aspetta di
dare quel bacio mortifero ad un politico senza nome, mentre gli bisbiglia
“scusa!” prima di portarlo con lei (e con gli altri) nell’oscurità
dell’esplosione. Inquadrato in un’architettura narrativa dai diversi piani
prospettici (l’emotività, la realtà e l’analisi), il progetto-spettacolo si
avvale dell’intensa e disperata interpretazione di una Tomarelli in grandissima
forma.
Margherita Coppola
L'interpretazione di Chiara Tomarelli (che firma anche la regia
dello spettacolo) trasforma il corpo dell'interprete in un meccanismo.
Attraverso movimenti precisi, nitidi eppure non privi di una certa grazia, si
esprime la vita che resta ad una donna che
sta per partorire una bomba senza
poter vedere il pianto del proprio bimbo. E nei dodoci minuti e 36, il suo
respiro fa tutt'uno con quello della massa informe su cui si scaglierà il
frutto di un odio che non conosce. Il pubblico respira quasi in coro con questo
soffio di morte.
Alla fine dello spettacolo non si sente il botto, ma l'energia
sempre viva della Tomarelli riesce ad evocarne il rumore ad ogni istante.
Uomini e donne in sala non possono far altro che ascoltarne l'incombenza da
lontano. L'eco è ancor più rumoroso, perchè costringe a farsi domande che
nessuno si pone. La donna bomba è esplosa, ma noi resteremo ad
implodere sotto il peso schiacciante di convinzioni millenarie, ormai
pervertite dalle derive ultime della società globale. Il tonfo è soprattutto
nel cuore degli astanti.
Campania
su web
Il testo di Ivana Sajko, 32 anni, una delle menti più
fertili della nuova generazione di scrittrici e artiste croate, interpretato
dalla bravissima Chiara Tomarelli, si costruisce tutto intorno a quei fatali
dodici minuti e trentasei secondi che una giovane kamikaze ha davanti a sé
prima di farsi scoppiare nel mezzo della folla. L'obiettivo è un non bene
identificato politico che gira sotto scorta, «un signore vip benefattore e
bastardo» i cui movimenti la donna destinata a farsi esplodere spia
da tempo.
La drammaturgia, netta, accurata, delle luci (la regia è
firmata dalla stessa attrice e da Veronica Cruciani) è tutto quello che Chiara
Tomarelli ha a disposizione per veicolare da dentro, senza nessuna incertezza
sentimentale, la tragedia della donna bomba, disponendo sul tavolo
anatomico di una scena di guerra - guerra sociale, religiosa, privata - la
tragedia della sopraffazione e della violenza.
Katia
ippaso , Liberazione
"Tornare
a vedere uno spettacolo che ci ha emozionato, è sempre un rischio: e se la
seconda volta non fosse come la prima? Ma questo spettacolo, a distanza di un
anno e mezzo, offre ancora e ancora il proprio cuore che batte insieme a quello
del personaggio, e il respiro sospeso in un'apnea intensa.
L'essenzialità
della messa in scena non fa altro che lasciare lo spazio adatto ad un'attrice
speciale.
Sara Missaglia
(pubblico)
E' diventato così raro uscire da una
sala teatrale e sentire di aver partecipato a qualcosa che ti riguardava,
spazzando via l'indifferenza...
Serafino Murri (critico, regista e
pubblico)
RASSEGNA STAMPA ‘MADONNE DI BESLAN’
Madonne di Beslan è uno spettacolo
completo, moderno, che commuove ma, immediatamente dopo, ricongiunge la vicenda
umana con quella politica, evitando la catarsi aristotelica e ricollegandosi al
più alto teatro civile . E’ una raffinatissima operazione artistica quella che
Chiara Tomarelli e Ilenia Caleo ci presentano ma è una storia vera quella che
ci raccontano, così che il loro spettacolo non suggerisce soluzioni
consolatorie o punti di vista preconcetti ma si pone come lavoro di ricerca a
tutto tondo.
Valeria Sara Lo Bue
Lo
spettacolo si apre a momenti di grande tragicità e amarezza, scuote le
fondamenta del comune perbenismo inchiodando la politica alle sue
responsabilità.
Le due interpreti sono brave, sinceramente invischiate in
questa materia incandescente.
Andrea Porcheddu
Chiara Tomarelli è un’artista teatrale. È
attrice, regista, dramaturg. Il suo ultimo spettacolo “Madonne di Beslan” è un
ottimo percorso da vedere per capire cosa è il teatro.I fatti di cronaca
sono agghiaccianti e le due attrici riescono a rendere bene l’aria
chiusa della palestra della scuola in cui gran parte degli ostaggi era stata
ammassata: la vicinanza tra loro e il pubblico aiuta ad amplificare ogni
azione fisica. Il “dentro” è sia fisico che spirituale, la solitudine che si
respira qui è sintetizzata dalla frase “Beslan continua a impazzire in
solitudine”. Il “fuori” è la giornalista, la comunicazione che ragiona sui
fatti, è Anna Politkovskaja.
Francesco Saverio Russomano
Le due attrici, Chiara Tomarelli e
Ilenia Caleo, di indubbia bravura e valore artistico, danno voce a tutti i
rappresentati di questa tragedia. Le madri, le maestre, i giornalisti, il
governo. Questa polifonia di voci restituisce la complessità del dramma e cerca
di stimolare lo spettatore al senso critico. Raccontato dalla penna della Politkovskaja ,
giornalista uccisa per l’obbiettività dei suoi articoli, lo spettacolo
permetterà una riflessione dolorosa nella misura in cui si comprenderà che
l’impossibile è una realtà storica fatta di sangue e vinti.
Mercuzio.online
Può
il teatro essere veicolo efficace di denuncia sociale senza scadere nella
retorica, senza essere travolto dalla tentazione di ricreare dalla realtà la
drammaticità del verosimile? Come si riesce a raccontare l’assurda tragedia di
uno scellerato attacco terroristico che falcia le vite di centinaia di bambini
senza lasciarsi intrappolare dalle sirene ammaliatrici della ricerca di una
catarsi scenica? Impresa complessa, gioco di funambolo. Chiara Tomarelli, con
il suo “Madonne di Beslan è riuscita nell’intento di una narrazione lucida, ma
non asettica; ricca di pathos e mai patetica.Il gioco di luci, la scena scarna,
i costumi essenziali e, soprattutto, la maestria delle due attrici protagoniste
dello spettacolo rievocano un mondo filtrato attraverso i canali di una stampa
“economicamente schierata”. Un mondo lontano, fatto di geografie sconosciute,
di popoli ignoti ai più, che mai fa notizia. E anche quando i bambini diventano
vittime dei perversi intrecci di guerra e terrorismo, pure l’Occidente sonnacchioso
ed egocentrico non si limita che a uno sguardo distratto verso quanto accade
nei paesi dell’ex Urss.
Francesca Compagnino
venerdì 15 marzo 2013
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